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In questo pseudo-sequel di La sfida del samurai, Sanjuro (che significa solo “trentenne”) si ritrova, riluttante, a fare da mentore a nove giovani samurai. Per quanto provi ad impartire loro una lezione di anticonformismo, i ragazzi si ostinano a comportarsi come un corpo senza testa in attesa di ordini. Più comico e gentile del capostipite, Sanjuro galoppa verso un finale che cambia repentinamente di tono. La stoccata satirica di Kurosawa, nel suo film meno “impegnato”, è forte e chiara. La mitologia del samurai è fatta a pezzi dalla katana di Mifune che, con maestria incredibile, squarcia lo schermo panoramico.