Il gattopardo

Maggio 1860. Il principe di Salina guarda con nostalgia la fine dell’aristocrazia dopo l’avvenuto sbarco di Marsala. Tancredi, il nipote garibaldino, prova a rassicurarlo con la celebre frase: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». La risposta del principe è esemplare: «…e dopo sarà diverso, ma peggiore». L’arrivo della nuova borghesia e il declino dell’aristocrazia è ormai un cambiamento definitivo.
Quando si pensa al discorso sull’italianità nel cinema di Visconti non possiamo non pensare a Senso e a Il Gattopardo. Con il primo, Visconti rilegge criticamente gli ideali patriottici mancati e traditi del processo di Unità Nazionale, con Il Gattopardo indaga le malsane radici dell’ingannevole Risorgimento italiano. Ma Il Gattopardo porta con sé un aspetto più universale: «piegare la spinta del mondo verso il nuovo alle regole del vecchio, facendo ambiguamente e ipocritamente sovraneggiare quelle da queste» come scriveva Antonello Trombadori in un dialogo con il regista.

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