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Il film esplora il tema del lutto e della perdita attraverso un confronto tra due giovani, Arsa e Andrea. Arsa ha integrato la figura paterna nel suo mondo interiore, elaborando il lutto attraverso il suo rapporto con l’immaginazione e la creatività. Andrea, invece, non ha ancora affrontato il dolore della perdita, e la sua presenza sull’isola rompe l’equilibrio di Arsa, costringendola a confrontarsi con nuove emozioni e pulsioni. Distanti nel sentire, si incontrano nel mare, intenti a nuotare verso una statua antica precedentemente scoperta da Arsa. Metafora della figura paterna, la statua è un segno tangibile di un legame lontano e irraggiungibile. “Arsa” è anche una riflessione critica sulla società contemporanea e sul consumismo. Arsa vive gli antipodi della società, recuperando gli scarti che il mare restituisce alla terra trasformandoli in qualcosa di nuovo e significativo. Questo atto di recupero e trasformazione è per noi un gesto di resistenza, un modo per indagare la vita in uno spazio e tempo altro, nell’imperfetto e nel dimenticato. Ogni scelta di regia, di immagine, di direzione degli attori, è stata fatta tenendo a mente il limite sottile tra sogno e realtà, il suo mondo è la soglia. Arsa resta, alla fine, sospesa. Questa scelta porta con sé un’azione forte: il desiderio di restare al di là di ogni forza oppositiva. Arsa crea, produce una nuova realtà; partendo dallo scarto, dal rifiuto, la sua arte sublima la fatica e il dolore.